di Giuseppe Vitolo
«Considerando che qui si inizia a respirare un’aria di ritrovata libertà, anche se l’emergenza è ancora in corso, voglio mandare un messaggio di incoraggiamento a resistere ancora e che presto, o tardi, l’emergenza finirà». Parola di Luca Marini, un salernitano a Dubai (non è l'unico della nostra città rappresentanta anche dall'assistant manager di una nota compagnia alimentare Domenico Di Muro). Un monito che sa di ottimismo, di positività, di speranza. Quella speranza intravista come un bene prezioso da mettere in valigia, prima di una partenza che non era viaggio di piacere ma possibilità di nuova vita. Dagli Emirati Arabi con amore, quell’amore mai sopito verso la sua Salerno.
Il Coronvirus non ha latitudini ed è giunto d’impatto anche nella Terra degli Sceicchi, nuova frontiera di agiatezza e lusso che recluta giovani di spicco per proiettarli in un’era futuristica e modernista. Il mondo si ferma e gli Emirati Arabi fronteggiano, a loro modo, la quarantena e la mancanza di libertà improvvisa. Quella di Luca è una testimonianza che fa riflettere: «Le misure qui sono state implementate più tardi rispetto alla situazione italiana – afferma l’ingegnere salernitano –, e nella fase del picco sono state fatte rispettare in maniera più rigorosa, imponendo pene molto severe per chi non avesse avuto intenzione di rispettarle. Di sicuro il lockdown è durato molto meno di quanto stia perseguendo nel nostro Paese, complice l’inizio del Ramadan e la preparazione di ospedali da campo per fronteggiare l’emergenza».
Giunto lo scorso giugno nella nuova Terra promessa del terzo millennio, Luca ricopre il ruolo di Ingegnere civile e Project Manager presso la multinazionale ATM – Applied Technology e Management, società di ingegneria americana. L’impatto è stato devastante, positivamente parlando. Un ambiente inesplorato e prezioso, che ha dovuto chiudere le sue porte d’improvviso, ma che è - allo stesso tempo - contraddistinto da una forte indole multiculturale: «Ambientarsi è stato più facile del previsto – prosegue Luca –, Dubai è un mix di nazionalità e culture diverse. Gli expat sono l’80% della popolazione, per cui la cultura araba per quanto forte e visibile è stemperata dalla presenza di tante persone con background differenti che convivono nel rispetto reciproco. Con l’avvento del virus l’import di nuovi lavoratori stranieri si è momentaneamente arenato, ma il governo sembra intenzionato ad allentare le misure estreme delle scorse settimane: con l’inizio del Ramadan, è divenuto possibile uscire - solo per casi di necessità - muniti di mascherine, mentre gli uffici stanno riprendendo le attività consentendo l’ingresso al massimo del 30% dei lavoratori».
Ed anche Luca ha avuto a che fare con restrizioni imposte sulla propria pelle. Il brillante ingegnere salernitano snocciola un retroscena che ben inquadra lo status avanguardistico della lotta al virus in terra araba: «Già prima che le prime misure di lockdown fossero implementate qui a Dubai, mi trovavo con mio fratello che era venuto a trovarmi e che aveva contratto la febbre alta durante la sua permanenza. Ci recammo in ospedale per effettuare un tampone, che diede fortunatamente esito negativo. Le autorità ci hanno costretto a rimanere a casa in quarantena. Dopo questo episodio le misure sono state sempre più restrittive nei nostri riguardi, fino ad arrivare a concedere permessi di uscita tramite app una volta ogni tre giorni».
Questa è la Dubai di Luca Marini, che ha reagito al blocco Covid-19 e che prova a riacquistare la sua quotidianità. Meno di cento decessi constatati in tempi di pandemia e tanta voglia di ritornare ad incarnare la finestra sul mondo che molti sognano di raggiungere.
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