Quale appassionato di calcio non ha mai sentito parlare di Campioni, il sogno, o semplicemente Campioni: il reality show ambientato nel mondo del calcio, in onda su Italia 1 per due edizioni, tra il 2004 e il 2006. Alla prima edizione ha preso parte tra gli altri l’allora diciottenne Marco Pepe originario di Paestum. L'allenatore era il campione del mondo Francesco "Ciccio" Graziani, col quale Pepe conserva un grandissimo rapporto. Trentatré primavere ora per il centrocampista, specialista nelle punizioni e con una carriera da girovago in Italia dal Nord al Sud. Tra professionisti e dilettanti la sua ultima tappa è il Monte San Biagio, formazione di Promozione del Lazio, regione in cui Marco Pepe ha passato le recenti annate. Ha conseguito anche il patentino Uefa B che gli consentirebbe di essere allenatore fino alla Serie D e in seconda in Lega Pro oltre alla possibilità di allenare i settori giovanili. Questo il suo sogno futuro, parola che dava spunto anche a “Campioni” da cui tutto ha avuto inizio.
Il Cervia è stata la tua prima esperienza nel calcio professionistico. Quanto è cambiato il Marco Pepe di oggi dal ragazzo che partecipò a Campioni? Quella fu di sicuro una bella esperienza. Non è stato semplice perché all’epoca avevo solo diciotto anni e ritrovarsi in un programma televisivo non è mai facile. Oggi a trentatré anni lo ricordo con grande affetto. Mi ha permesso di conoscere tante persone, tra cui Diego Maradona Jr col quale ho coltivato una bella amicizia. Penso che se avessi preso parte a quel programma con l’età e l’esperienza che mi ritrovo adesso tutto sarebbe stato diverso. Oggi c’è anche un maggior rispetto anche verso i giocatori più giovani rispetto al passato.
In tanti si chiedono quanto possa essere veritiero un reality. Cosa puoi dirci in merito alla tua esperienza? Ti posso dire che essendo un reality sul calcio ed essendoci delle partite da affrontare posso garantirti che a livello calcistico corrispondeva alla realtà. Le squadre che affrontavamo erano desiderose di vincere o fare bella figura, magari giocando la “partita della vita” contro di noi sapendo che erano in diretta tv.
Nel 2016 hai frequentato il corso e conseguito il patentino Uefa B. Hai già in mente la tua strada post-carriera? Ho scelto di fare quest’esperienza perché è un qualcosa che mi è sempre piaciuto. Mi sono stati d’ispirazione anche i tanti allenatori importanti che ho avuto da Angelo Alessio, ai tempi della Massese in C1 prima che diventasse vice di Antonio Conte, a Gaetano Auteri con cui vincemmo il campionato di C1 con la Nocerina nella stagione 2010/11. Sono stati importanti nella mia crescita poiché ho avuto il piacere di conoscerli tra i diciotto e i ventidue anni in una fase determinante della mia vita.
La tua carriera è poi proseguita tra eccellenza, serie D e Lega Pro. Cosa puoi dirci degli ultimi anni quando sei stato protagonista nel Lazio? Negli ultimi quattro anni nel Lazio ho fatto per due stagioni il capitano a Gaeta in eccellenza prima di trasferirmi al Formia. La mia squadra fino allo scorso dicembre è stato il Terracina prima di approdare al Monte San Biagio dove abbiamo raggiunto la semifinale di Coppa Italia di Promozione. Mi reputo soddisfatto avendo giocato tra le piazze più belle nel Lazio.
Qual è stato il momento migliore della tua carriera? L’annata più bella tra i dilettanti è stata quella con il Formia e aggiungo anche la salvezza col Gaeta con rete nella finale playout. Se parliamo del professionismo di certo l’anno alla Nocerina dove abbiamo vinto il campionato di C1. Quell’anno feci 4 reti in Coppa Italia e per me fu una grandissima esperienza. Avevamo una squadra molto forte con Piergraziano Gori tra i pali, in difesa gente come Alessandro Nigro, Manuel Scalise e Alessandro Bruno in mezzo al campo e attaccanti di livello come Luigi Castaldo e Maikol Negro. Avevamo quasi due squadre. In campionato non ebbi tante chances e mi riservai lo spazio in Coppa Italia arrivando fino in semifinale perdendo la doppia semifinale col Carpi. Quasi tutte le esperienze le ho vissute a 360° e ne conservo un bel ricordo grazie anche alle amicizie che questo sport mi ha regalato. Mi reputo anche fortunato per aver giocato anche in stadi molto belli come Marassi.
In carriera hai disputato diversi derby. Quali ti hanno emozionato maggiormente? Ricordo in maniera particolare il derby Benevento-Nocerina di Coppa Italia quando forse misi a segno uno dei miei gol più belli, tra l’altro col piede meno forte il destro. Sempre coi molossi ricordo bene anche la sfida calda contro la Cavese. Tra i dilettanti, invece, ho giocato con entrambe le maglie una sfida assai sentita come quella tra Gaeta e Formia.
Quale ruolo senti più tuo dopo averne sperimentati diversi nel corso degli anni? In effetti ho cambiato spesso posizione durante la mia carriera. Alla Nocerina mister Auteri mi schierava come attaccante esterno essendo bravo nell’uno contro uno. Devo dire che quel ruolo mi divertiva anche perché giocavo con gente che dava del tu al pallone come Castaldo, Negro, Catania e Cavallaro e tutto diventa più facile. Io nasco come centrocampista e di preciso come mezzala anche se col passare degli anni ho cominciato a giocare davanti alla difesa. Negli ultimi tempi ho iniziato questo ruolo come vertice basso e devo dire che mi piace.
Sei uno specialista nei calci piazzati. Se dovessi scegliere sai dirmi cosa preferisci tra un bel goal su punizione o un passaggio vincente per un compagno? Segnare fa sempre piacere ma se devo dirti la verità mi esalta di più esibire un assist e mandare in rete un attaccante.
Ritornando a “Campioni” che ricordo hai di mister Graziani e degli altri compagni di quel Cervia? Il mister lo saluto con affetto. Mi diceva sempre che dovevo migliorare col destro che è il mio piede debole. Non sarà mai come il sinistro ma di certo negli anni ho fatto progressi. Ho rincontrato come compagno Diego Maradona jr la scorsa stagione al Formia dopo 14 anni. Tra di noi c’è una profonda amicizia che ci lega negli anni essendo un ragazzo davvero raro da trovare. Assieme abbiamo fatto in passato anche degli stage per dei bambini dal titolo “Il calcio oltre la scuola Calcio”. Con Diego mi sento con maggiore assiduità ma mi tengo in contatto un po’ con tutti gli altri ragazzi avendo anche un gruppo su whatsapp.
Quanto ti manca in questo momento il calcio? Confesso che mi manca tantissimo poiché dietro ogni calciatore c’è sempre una forte passione. Il problema che stiamo vivendo, però, è molto serio e ci vorrà tempo prima di debellarlo del tutto, motivo per cui vedo difficile una ripresa nell’immediato futuro. Dobbiamo rispettare le regole e occorre farlo perché nonostante questa situazione ci sta costando sacrifici ma questi vanno fatti per le persone come i medici, gli infermieri e le forze dell’ordine che ogni giorno rischiano la vita o per quelle che hanno dato la vita per noi e per salvarne di altre.
Marco per chiudere puoi dirci i tuoi sogni e/o progetti per il futuro? Una volta appesi gli scarpini al chiodo mi piacerebbe allenare. Sono consapevole che non è un qualcosa di semplice essendo in tanti a voler intraprendere questa strada. Ci vuole tanto studio e c’è bisogno di aggiornarsi di continuo per cercare di arrivare all’obiettivo che ci si prefissa.
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