Il patentino Uefa D è un primo, piccolo ma grande, step per i tanti calciofili che sognano di diventare allenatori professionisti. In settimana si è chiuso il lungo corso, per via della pandemia, che ha visto gli albori ad inizio 2020 e solo pochi giorni fa la sua chiusura. Dopo le tante lezioni on-line e i recenti lavori sul campo ecco la data che tanti aspettavano: il 7 settembre. Uno “strano percorso” citando Max Pezzali che abbiamo voluto ripercorrere con Vincenzo Benvenuto. Il classe 1980, nell’ultima stagione alla guida dell’Atletico Salerno in 3°Categoria, ci ha raccontato in esclusiva le sue esperienze, le emozioni del corso e i suoi progetti.
Da dove nasce il desiderio e la passione di diventare allenatore? «Ho giocato fino all’Eccellenza. Dopo un infortunio al crociato sono ripartito dalle categorie “inferiori”. Ho avuto la fortuna di frequentare certi ambienti e giocare partite amichevoli che mi hanno fatto crescere molto con gente come Cannavaro, Crespo e Mancini, Salsano, Marcolin, Shala e Ambrosio oltre a essere un amico di Davide Bombardini: la passione del calcio, quindi, c’è sempre stata. Ho iniziato per gioco ad allenare l’Atletico Per Niente in un torneo amatoriale per poi iniziare da giocatore con loro una grande cavalcata ed è stata l’ultima maglia con cui ho giocato e a cui sono molto legato. Sono (anche al lavoro) una persona che crede molto nel concetto di gruppo, ecco perché la passione di diventare allenatore è venuta fuori in maniera quasi naturale. Qualche anno fa mi contattò una società in Terza Categoria - trattasi del Cerrone Football Club - che occupava l’ultimo posto in classifica: con il Cerrone abbiamo raggiunto i play off con un ottimo terzo posto battendo praticamente tutti sul campo. Con l’Atletico Salerno, nell’ultima stagione, siamo arrivati quarti nei teorici playoff, ma quando è arrivato il blocco dei campionati eravamo in un momento straordinario. Nonostante si trattasse della Terza categoria abbiamo sempre giocato per i posti nobili in classifica».
Raccontaci l’emozione di aver conseguito questo patentino e l’esperienza, in sé, del Corso Uefa D tra mille vicissitudini (iniziato in presenza e poi proseguito on-line)? «Innanzitutto devo fare i complimenti all’organizzatore Gaetano Trinchese: un uomo incredibile. Credo sia una delle persone più pazienti che ho conosciuto, capace di rendersi disponibile pur di accontentare 40 persone. Ringrazio il Mister Marco Maestripieri: oltre la sua enorme professionalità gli va riconosciuto il fatto di essere una persona di grande spessore umano. Vanno fatti i complimenti al prof Potenza, alla dottoressa Pontillo, al Dott. Italo Leo e a tutte le altre persone che hanno contribuito alla perfetta riuscita e al completamento del corso, nonostante l’emergenza legata alla pandemia. È pur vero che le lezioni di teoria on-line sono state comunque comode da seguire ma mancava l’aspetto del lavoro sul campo (recuperato poi in seguito). Mi piace il ruolo del mister perché mi permette di stare e lavorare sul campo. Nonostante le mie qualità gli ultimi anni da giocatore hanno visto un calo che non mi faceva rendere al meglio: questo è un altro dei tanti motivi che mi ha spinto verso la panchina. Cerco di trasmettere e trasferire le mie conoscenze e le mie intuizioni ai ragazzi».
Nel corso si faceva un distinguo tra l’essere un tecnico alla Ancelotti o alla Capello: che tipo di allenatore ti piacerebbe essere e che cosa ti auguri per il futuro? «Sono abbastanza camaleontico cercando di adattarmi alla situazione e al momento che vivo. Tendenzialmente mi piace aver un buon rapporto con i giocatori, cercando di instaurare con loro un feeling. Condivido la mentalità del dialogo che può avere un allenatore come Ancelotti che ritengo un grande gestore di talenti. Non credo che lui sia estremamente rigido sulla tattica. Mi piace il suo stile ma se in campo non si lavora credo che potrei diventare più serio come Capello (ride ndr). Amo la filosofia del dialogo ma anche lavorare molto sulla tattica e sugli schemi di gioco. Chiaramente il sogno è arrivare più in alto possibile ma per il momento mi godo questo momento, pur con i sogni che ci sono lo stesso: il mio impegno sarebbe lo stesso sia nelle categorie dilettanti che in quelle dei professionisti».
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