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Traslazione delle Spoglie mortali di San Matteo 6 maggio 954 – 6 maggio 2023

06/05/2023

N.B. RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Gremita, questa mattina, 6 maggio 2023, la Cattedrale di Salerno, in occasione della Solenne Celebrazione presieduta dall’Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, S.E. Monsignor Andrea Bellandi e condivisa con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I, guida della Chiesa Ortodossa, in occasione della Traslazione in città delle Spoglie mortali del Patrono San Matteo, avvenuta nel lontano 6 maggio 954. “Cristo è Risorto – ha esordito il Patriarca Bartolomeo I nella sua omelia - Rispondendo al cortese invito dell’amato fratello Arcivescovo, siamo giunti dalla città di Costantino, da Costantinopoli, dalle rive del Bosforo per gioire con voi, pregare e lodare Dio con una sola bocca ed un sol cuore e festeggiare la Traslazione delle Sante Reliquie dell’Apostolo ed Evangelista Matteo in questa città, avvenuta secondo la tradizione il 6 maggio dell’anno 954. La Chiesa in Oriente ed in Occidente ha sempre festeggiato fin dai tempi della Chiesa Nascente la traslazione dei corpi di santi, intravedendo in essa una particolare presenza della grazia santificante del Signore per una Chiesa locale. Questo paese, l’Italia, d’altra parte è santificato dalla presenza dei santi corpi di tre dei quattro Evangelisti, Matteo a Salerno, Marco a Venezia e Luca a Padova”. Sua Santità Bartolomeo, dunque, si è soffermato sull’insegnamento dell’Apostolo ed Evangelista Matteo, “pubblicano, un esattore delle tasse per conto dei Romani, uno che su questa professione costruisce la propria ricchezza di beni terreni e, nonostante sia inserito nel proprio ambiente giudaico, non è amato dal suo popolo. Gesù lo vede al banco delle imposte e gli dice: Seguimi (Mc. 2,14), cioè imitami con la pratica nella vita. Ed egli si alzò e lo seguì (Mt. 9,9). Matteo, il cui nome significa dono di Dio, prima chiamato Levi, abbandona tutte le certezze, tutte le cose temporali, mentre nella sua mente si infonde la luce della grazia spirituale e gli fa comprendere che esistono tesori incorruttibili nel cielo”, osserva il Patriarca che sposta l’attenzione, quindi, sulla mensa in cui Matteo tenne un banchetto con Gesù e i suoi discepoli, ma anche con i pubblicani e peccatori. “Anche oggi la chiamata del Signore giunge in molti cuori, si manifesta a molti. Il suo invito è una promessa affidabile, è la premessa di una gioia fondamentale per i credenti, è la certezza di sentire un raggio di luce che ci illumina, è un amore che non ha confronto. Questa chiamata ci porta a quella mensa che accoglie, testimonianza dell’amore di Dio verso la creatura, prefigurazione del Regno. Alcuni anche oggi fanno lo stesso gesto di Matteo, si alzano e lo seguono, non si chiedono perché, ma vivono il dono della nuova vita e non ascoltano i farisei che giudicano la scelta – continua Sua Santità - Come mai egli mangia e beve in compagnia di pubblicani e dei peccatori? (Mc. 2,16). Non si lasciano sopraffare dal moralismo cieco, dalla legge vuota. Ma molti altri, troppi cristiani anche nella nostra epoca, spaventati dal giudizio del mondo, incapaci di superare il senso di colpa del peccato, preferiscono solamente osservare determinate norme di comportamento, ma non imitare il Signore. Non ascoltano quanto Gesù disse ai farisei: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori (Mc. 2,17)”.

L’appello
Il Patriarca rivolge l’appello ad ognuno, affinché cambi radicalmente la propria esistenza, aprendo il proprio cuore a quel “seguimi”, “per poter essere sale della terra e costruire una terra nuova davanti alle tante sfide che il mondo moderno ci presenta, ma anche ai tanti pericoli che in questo periodo viviamo a livello globale, con conflitti e guerre che purtroppo nella loro continuità, riescono ad assuefare il nostro subconscio, a far accettare il tutto come una cosa inevitabile, a vedere troppi cristiani legati alla legge dei farisei, e non al movimento profetico di Cristo”. Bartolomeo I evidenzia come ciò che deve interessarci del Vangelo di Matteo, sia “la sua testimonianza ispirata che troviamo nel primo Vangelo canonico, di cui è considerato l’autore”. Il Vangelo di Matteo, “il più esteso dei Vangeli”, rappresenta “una continua dimostrazione di come la venuta di Gesù nella storia sia stata preannunciata e preparata nell’Antico Testamento e di come Egli porti a compimento le profezie”. Del testo, Sua Santità rimarca due importanti aspetti: “Solo in questo Vangelo, Gesù parla di ?κκλησ?α – ecclesia, (Mt. 16,18 e 18,17), la Chiesa-comunità che è in armonia con le antiche Scritture, la città posta sul monte per essere luce del mondo, non più un luogo geografico, ma una comunità di discepoli, una comunità messianica a cui è affidato il Regno dei Cieli per tutti i popoli. E in questa comunità l’Emanuele, il Dio con noi, caratteristica fondamentale della sua teologia, manifesta l’abbraccio all’intera umanità”.


L’importanza delle Reliquie
“Oggi, in questa antichissima Cattedrale, in preghiera ed in attesa di ritrovarci un giorno tutti assieme attorno all’unico Pane e nell’unico Calice, ricordiamo la traslazione delle Sante Reliquie di San Matteo Apostolo”, ha detto Bartolomeo I che ha ricordato le tradizioni più antiche. In particolare, l’arrivo del corpo del Santo in Lucania verso il Quinto secolo, nonchè il suo ritrovamento, secondo il Chronicon Salernitanum che risale all’anno 954 per volontà dello stesso Santo, apparso ad una pia donna di nome Pelagia, il cui figlio, il monaco Atanasio, dopo insistenza della madre e dopo tre apparizioni, avrebbe trovato il Corpo di Matteo, nei pressi di una fonte termale della antica città di Parmenide. Dopo tre traslazioni, il 6 maggio 954 il corpo del Santo è stato conservato nella cripta della Cattedrale di Salerno. “In un mondo in cui tutto deve essere letto alla luce della logica, spiegato unicamente alla luce delle conoscenze scientifiche, ed in un mondo che vuole dimenticare la morte, ritenendola la fine di tutto e non l’inizio della vera vita, il venerare corpi e parte di corpi di uomini e donne addormentati nel Signore nel corso dei secoli e fino ai nostri giorni, riporta purtroppo l’essere umano odierno a quella separazione, giuridicamente definita nel mondo ellenistico e giudaico, tra la città dei vivi e la città dei morti. – ha spiegato Sua Santità - La Chiesa Nascente invece si riunisce nel luogo di martirio dei Santi di Dio, nel luogo della loro sepoltura, perché la Reliquia, visibilmente oggetto di morte, rappresenta al vivo, per il suo valore taumaturgico, un segno dell’avvenuto superamento della barriera, sino allora invalicabile, tra la vita e la morte”. La percezione delle reliquie dei Santi come una loro “presenza nell’assenza” è alla base della frammentazione: “Essa implica infatti che la parte abbia il medesimo valore del tutto. Nell’ordine della grazia vale infatti il principio che la frammentazione non diminuisce, ma moltiplica, dottrina che la Chiesa enuncia solennemente, su un piano teologico più elevato, nella preghiera che accompagna la frazione del Pane consacrato: spezzato ma non diviso, mangiato e mai consumato”. Dunque, come rimarcato dal Patriarca, anche una piccola parte di reliquia di un Santo vale come il tutto, “e la sua forza taumaturgica non è frantumata, e in esse continuano a scorrere, come da una sorgente, i carismi e le grazie di cui Dio lo aveva adornato in vita”.

Il dono
A conclusione della Solenne Celebrazione, l’Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, S.E. Monsignor Bellandi, ha donato una Reliquia del Santo Apostolo ed Evangelista Matteo al Patriarca Bartolomeo I e alla Chiesa di Costantinopoli. “Le condizioni storiche oggi hanno ridotto numericamente il numero dei Cristiani nella nostra città, ma la forza e la importanza della nostra Chiesa resta immutata, anche di fronte alle sfide del mondo attuale, dove è sempre più necessario spegnere i fondamentalismi di qualsiasi tipo, per favorire il dialogo tra le nostre Chiese e con tutti gli uomini di buona volontà”, ha concluso Sua Santità Bartolomeo I.

I canti
Ad animare egregiamente la Celebrazione, i canti di circa 200 coristi del Coro della Diocesi di Salerno e rappresentanti delle Parrocchie dell'Arcidiocesi, accompagnati dall'Orchestra della Diocesi di Salerno, diretti da Monsignor Marco Frisina, Fondatore e Direttore del Coro della Diocesi di Roma. Inedito, in particolare, il canto d’ingresso “Matteo, Apostolo di Cristo” (testi: don Emanuele Andaloro - Musica: Monsignor Marco Frisina), parte dell’Inno in onore di San Matteo che verrà eseguito per la prima volta il 20 settembre 2023 a Salerno, in occasione dei festeggiamenti Patronali.

Ilaria Cuomo - Extratime -

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