Pubblicata, ed ha riscontrato un notevole interesse, la monografia di Plinio Perilli dedicata al magistrato-poeta-scrittore Marcello Vitale, protagonista della cultura italiana, autore di suggestive raccolte poetiche e tre fortunati romanzi, inteprete della Letteratura come impegno civile e viceversa.
Il libro di Perilli - Lo sguardo dell’uomo - Marcello Vitale, magistrato illustre e insieme poeta civile (Rubbettino, 2023) – "offre un profilo accurato dell’ex magistrato lametino, sempre più apprezzato nelle vesti di narratore. Il suo ultimo libro La bolgia dei dannati (Cairo) ha registrato infatti un ampio successo di critica e di pubblico.
Marcello Vitale, nato a Nicastro (oggi Lamezia Terme) nel 1939 nella magistratura è stato sostituto Procuratore della Repubblica, membro titolare della Corte d’Assise di Catanzaro, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lamezia Terme, Presidente Aggiunto Onorario della Corte di Cassazione. Come autore, oltre al recente La bolgia dei dannati, ha pubblicato altri due romanzi, Nessuno mi può giudicare - Non solo ’68. (Storia d’amore a Torino tra una studentessa contestatrice e un magistrato del Su e La donna della panchina, nonché nove raccolte di poesie.
Plinio Perilli, nato a Roma nel 1955, è critico letterario e saggista. Così scrive del poeta Vitale: «Poeta etico, esemplare, neo-umanista sensuoso innamorato della vita e suo raccontatore per affranto, infranto specchio d’elegia, Marcello Vitale (già alto magistrato con forti, decisive esperienze epocali nei tempi e luoghi più caldi dell’impegno civile e delle emergenze sociopolitiche), è scrittore vero, capace di varcare ogni campo e vicissitudine del suo operato, ogni lido l’esperienza, serbando una luce tutta propria d’esperienza, dunque fiammella d’Umano, oro puro e incorrotto di moralità… Incorrotto, perché la corruttela dell’esperienza e della storia si fa in lui - in tutti gli spiriti liberi – ampia consapevolezza e barlume esatto di profonda saggezza: anch’essa devota all’Umano. Il tempo mi toccava il corpo / e si modellava su di me, lui che era / senza forma. Così poteva invecchiare / con rughe, e morire. // Mi passò accanto il segno doppio / del bene e del male. / Cercava un bimbo in cui crescere / dopo che il suo padrone era morto. Sempre Marcello Vitale (aveva ragione Alberto Frattini) ha puntato "su un’idea di poesia come testimonianza, dall’interno del vissuto, sui più inquietanti problemi dell’uomo contemporaneo: all’eclissi dei valori al degrado etico, dall’appiattimento della vita tra routine produttiva e attrazione del comfort e del successo, ai rischi dell’ipertecnologismo e del miraggio cibernetico"… Vitale ferma il tempo e forse lo riavvolge, lo riavvia progressivamente all’indietro per riassaporarlo e distillarlo, includerlo in un’idea forte di futuro che parte, origina da lontano, e non ha senso limitare alle ere, ai periodi, perché è già DNA, eredità profonda». (dl)
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