Si sono tenute nei giorni scorsi le elezioni per eleggere il nuovo parlamento del Regno Unito. Il rinnovamento della Camera dei Comuni non poteva che essere un evento cruciale della storia del Regno Unito, dato che il prossimo governo dovrà fronteggiare un insieme di sfide che metterà a dura prova il paese (e il mondo), passando dalla crisi economica alle guerre in corso. Dato che il paese è stato scosso recentemente da un’ondata di manifestazioni contro le misure del governo attuale, non potevamo che aspettarci risultati diversi dal solito, mirati a dare una svolta al paese.
Da quattordici anni il Regno Unite è stato guidato senza sosta da un governo quasi monocolore, capeggiato dai Tories (ossia il Partito Conservatore e Unionista). Questi ultimi sono una formazione di destra che comprende fasce radicali e più moderate, che sostiene il libero mercato e che fu promotore della Brexit. Quest’ultima, forse, è stata una scelta che a posteriori è costata molto al partito che è andato sempre più ad indebolirsi con lo scorrere del tempo. Complice della discesa dei tories sono state anche le numerose movimentazioni dei giovani del paese a sostegno della Palestina, le quali sono state ignorate dal Governo che rifiuta di riconoscere lo stato quadri-colore. Ad aggiungersi, anche il crescere dei movimenti indipendentisti d’Irlanda e Scozia non rafforza il Partito Conservatore, che mai ha visto di buon occhio l’autodeterminazione dei popoli appartenenti alla Corona, inimicandosi politicamente una grossa percentuale dello UK.
Il vincitore indiscusso e` il partito Laburista, acerrimo rivale dei Tories, collocato politicamente al centro-sinistra, nonostante le sue origini molto più radicali. Il nuovo segretario dei Laburisti ha deciso, prima delle elezioni, di dare una svolta al partito di modo che molti più elettori potessero affacciarsi all’ala progressista della politica, limitando le frange più radicali del partito. La strategia ha evidentemente funzionato, visto lo storico risultato di circa quattrocento poltrone conferite al partito di ex-opposizione, su un totale di seicento. I tories sono passati quindi all’opposizione, invertendo di fatto il corso della politica anglosassone sia al livello storico (un governo principalmente progressista dopo quattordici anni di conservatori) sia al livello geopolitico (in un periodo dove nazionalismi e conservatorismi stanno proliferando, veder nascere un governo con maggioranza assoluta progressista è sicuramente un evento particolare). Ad accompagnare i Laburisti sicuramente abbiamo i Liberal Democratici (eredi dei Whig, opposti ai Tories), i quali propongono una via più moderata rispetta ai Laburisti, incassando circa settanta seggi. Un’alleanza fra queste due forze non sarebbe così remota, ma sarebbe approvata dai Laburisti, già spaccati fra progressisti e revisionisti?
Dato il clima caldo e particolare dello UK, non sono mancate alle elezioni delle sorprese che pochi si aspettavano. Come prima l’UUP (Partito Unionista di Ulster) non vacilla e rimane saldo alle poche poltrone che possiede. A differenza sua, i movimenti indipendentisti crescono, come Sinn Féin, Plaid Cymru e il Partito Nazionale Scozzese. Anche i Verdi crescono, come risultato della crescente attenzione verso le tematiche ambientali (in particolare da parte dei giovani). Sempre i giovani inoltre hanno creato un partito che per la prima volta concorre ad elezioni con risultati più che soddisfacenti denominato RCP. Quest’ultimo incanala tutta la voglia di cambiamento che i giovani hanno in un partito giovane per giovani, con idee estremamente radicali rivolte verso i più oppressi della società anglosassone.
Il governo anglosassone è ancora da formarsi, ma il cambio di rotta del Regno ha favorito una crescita in borsa che stamane è arrivata al +0,26% circa. Una dimostrazione di fiducia verso la “cacciata dei tories” che potrebbe essere premiata dalle politiche meno classiste che, molto probabilmente, sono in dirittura d’arrivo.
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