Luccica ancora. La Coppa Italia conquistata alle Final Eight di Torino fa bella mostra nell’Antica Ramiera della cittadella del cinema per ragazzi. Gevi Napoli Basket, ospite di Giffoni Sport, racconta qui l’inebriante avventura di una coppa all’improvviso, che ha ispirato anche il titolo del libro. Certo, tra poco la retìna farà di nuovo 'ciuf': nuovi canestri e nuovi giganti, ma quel trofeo è storia, è libidine. È l’orgoglio di un popolo che non è da stadio ma tutto della Pallacanestro - vittoria nella vittoria - e in giro per l’Italia, a maggior ragione nelle ore indimenticabili sul parquet di Torino, ha esportato pure le bandiere con le facce di Totò e di Pino Daniele. Del vecchio roster restano al momento De Nicolao (ma pure lui in bilico) e Dut Mabor. Ma ci sarà tempo. A Giffoni è tempo di consegnarsi ai giovani, di ricordare, raccontare, rivivere, assaporare. Federico Grassi, il presidente della Gevi Napoli Basket, vorrebbe ancora esultare a pugni stretti, perché una vittoria è per sempre. Dalla voce filtra l’orgoglio, l’appartenenza. Sette campionati fa, Federico Grassi prese una società, dopo 15 anni di tempesta. Ragazzini di 15 anni scendevano in campo con una maglia che non era neppure di Napoli (titolo di Rieti) subendo anche 100 punti di distacco. Il presidente si rese conto che c’era la possibilità di fare qualcosa.
La storia: "Partimmo ad agosto 2018 con una lucida follia. Il primo anno, c’erano i lavori per le Universiadi e giocammo tutta la stagione a Casalnuovo in un Palazzetto di 800 posti. L’obiettivo era arrivare in A nei primi tre anni e all’inizio pagammo dazio. Siamo anche arrivati a sette minuti dalla retrocessione in A2, in casa contro Verona. L’anno scorso, abbiamo preso un amministratore delegato, Alessandro Dalla Salda, che si occupasse solo di sport. Abbiamo fatto cambiamenti a livello societario, disputando un campionato molto più alto rispetto alle aspettative, fino al sogno della coppa Italia. È stato un percorso ad ostacoli, che perdurano. Non si riesce a fare uno step di crescita e gli imprenditori fanno fatica a sponsorizzare il Basket, preferendo il calcio. I tifosi hanno grosse aspettative ma i tifosi devono anche capire che innanzitutto da sei anni si parla solo di Basket e non di promesse non mantenute, campionati finiti ad ottobre. Siamo riusciti a riportare i vecchi tifosi e stiamo riportando entusiasmo. Dedico parecchio tempo al Basket, perchè ci credo, mi emoziono. Vedere tanta gente piangere e ringraziare, ripaga di tanti sacrifici. Ho un grandissimo rispetto per i tifosi, perché sono stato uno di loro per tanti anni. Vedevo i fallimenti: arrivavo al palazzetto speranzoso e poi me ne andavo deluso. Il rapporto con loro è improntato alla chiarezza: è inutile illudere e fare proclami, bisogna dire quali sono i nostri obiettivi. Bisogna essere consci che la città al momento questo può dare. Siamo sempre alla ricerca di nuovi sponsor e soci. Non possiamo stare al passo con Milano e Bologna che hanno il mecenate al proprio interno. Adesso c’è Trapani che ha il presidente con disponibilità e buon per loro. Non possiamo fare però il passo più lungo della gamba e pensare magari di fare terzi cullando il campionato più bello della storia e poi rischiare il baratro".
La Coppa all’improvviso nasce anche come una gita all’improvviso. "Mia figlia studia in Inghilterra ed era arrivata in Italia per Carnevale. Dissi "ok, andiamo a fare questa trasferta e poi dopo la prima partita tu riparti e io resto a Torino". Dopo la prima partita, cambiammo i biglietti aerei di mia figlia". Il tema è l’illusione della distanza. Nulla è distante nel Basket, neppure lo scarto siderale tra formazioni. "Pullen decide di prendersi la briga di una bomba da tre punti che ci porta sul +2. Mancavano tredici secondi ed era un titolo ad alto coefficiente di rischio, perchè avrebbe potuto lasciare potenzialmente tredici secondi per l’ultima azione avversaria. Invece arriva la bomba del sorpasso e quei tredici secondi sono diventati i più lunghi da vivere. Pullen è bravo. Anzi, era bravo. Un altro effetto della Coppa Italia è che i nostri, cari procuratori volevano il 30% in più per l’ingaggio sui giocatori. Purtroppo il Basket è così: non ti puoi affezionare ai giocatori, ma alla squadra, ai colori. Due giocatori di Milano (vedi Mirotic e Melli) costavano più del doppio di tutta la squadra di Napoli, che valeva 2 milioni. E invece ci siamo riusciti: la gente a Torino per starci vicino ha pure dormito per strada". Il futuro? "Ci sarà progetto sociale e triennale che coinvolgerà tutti i quartieri di Napoli, da Chiaiano a Posillipo. Ci siamo anche fatti promotori di un progetto per la costruzione di un Palazzetto per gli eventi. Abbiamo regalato al momento un progetto al Comune di Napoli: sarà utilizzato in primis per concerti, considerato che Napoli sta diventando una città con grande appeal, ma possono giocarvi Basket, futsal e altri sport indoor".
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