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Giffoni Film Festival, il mito di Ayrton Senna rivive nel monologo di Stefano Fresi e il ricordo di Vera Spadini

23/07/2024

Il 1 Maggio 1994 è un giorno indimenticabile non solo per gli appassionati di Formula1 e per gli innamorati di Senna. Se pensiamo all'ultimo giro sul bolide e anche della vita di Ayrton, un uomo diventato divinità al volante, i brividi ci travolgono. Senna  prese posto nella piazzola numero uno dell’autodromo, aveva la pole position per il Gran Premio di San Marino che si correva proprio a Imola. Dopo 30 anni, la Williams F16 del campione brasiliano è tornata nella posizione in cui si trovava il giorno in cui partì  per l'ultima volta. Una storia che diventa leggenda, un racconto che diventa monologo. L'attore Stefano Fresi - genio poliedrico, perché è anche doppiatore e musicista - ha apparentemente fermato il tempo. In realtà lo ha riattualizzato attraverso un racconto emozionante e lo ha fatto per la prima volta nell'autodromo di Enzo e Dino Ferrari di Imola, trasformatosi in un set a cielo aperto per "La notte di Ayrton", un evento che si è tenuto alla vigilia del 30esimo anniversario della morte di uno dei più grandi piloti di Formula 1 di tutti i tempi. Prima di calarsi nel monologo e di recitarlo da fuoriclasse, ha dovuto entrare in quelle righe, in quel copione, in quella storia. Lo dice ai ragazzi di Giffoni Sport, che lo ha accolto nella sala conferenze dell'Antica Ramiera: "E' un racconto di identificazione e ispirazione. Per il ragazzo che si si ispira al campione. Affronta sconfitte pesantissime ma ogni volta si è rialzato. La soddisfazione dopo aver letto la prima volta tutto il lavoro è stata grandissimo. Ero con mia moglie in cucina e siamo scoppiati a piangere appoggiando la testa sul tavolo. Mia moglie ha curato la musica".

La sconfitta è elemento molto importante della vita di Senna. Il ragazzo protagonista è un po' sfigato ma poi lo vede in tv e lo elegge a proprio supereroe. "Mi ha salvato la vita", dice. Il compito di Senna probabilmente è stato anche quello di salvare vite. Se un ragazzino ha la sensibilità di leggere sceneggiature che Senna inconsapevolmente lasciava attraverso i suoi ritorni eterni, vuol dire che il messaggio è forte. La storia di una ragazzo di soli 13 anni dal destino segnato. Guardando Senna, però, rimane folgorato e trova sia la forza per superare le difficoltà che il coraggio di non arrendersi mai. Il monologo racconta la grandezza del pilota Senna ma anche, e soprattutto, dell'uomo, non solo attraverso le sue leggendarie vittorie ma anche attraverso le sconfitte. Sconfitte da cui si è sempre rialzato. Più forte di prima. "Ayrton ha lasciato un segno in modo diverso nel cuore di ognuno - dice Vera Spadini, giornalista Sky che lo presenta, lo introduce, ma soprattutto tiene testa al racconto. Senza sosta, qui non c’è pit stop - La sconfitta aveva su Ayrton un effetto taumaturgico. – ha detto Fresi - Le vittorie sono nate sempre dopo sconfitte e ingiustizie crudeli, un'umiliazione crudele. Era questo che rendeva Senna il migliore. E' stato il più grande di tutti non per le sue epiche vittorie ma per le sue epocali sconfitte. Vederlo rialzare da clamorose cadute mi hanno emozionato fin da bambino. Non importa quanto fossero dure le prove alle quali lo sottoponeva la vita".

Qual è il messaggio per i ragazzi? Scritto dal regista e scrittore Giorgio J. Squarcia, il monologo è una storia di redenzione ma anche di motivazione, che attraversa un periodo molto lungo, il decennio 1984-1994, dalla prima all’ultima gara in Formula 1 del pilota brasiliano. È il percorso parallelo di Senna con quello di un giovanissimo ragazzo italiano, il narratore. Il primo alle prese con gli ostacoli delle gare, l’altro con i problemi di una vita difficile. La sconfitta è elemento molto importante della vita di Senna. Il ragazzo protagonista è un po' sfigato ma poi lo vede in tv e lo elegge a proprio supereroe. "Mi ha salvato la vita", dice. Il compito di Senna probabilmente è stato anche quello di salvare vite. Se un ragazzino ha la possibilità di leggere sceneggiature che Senna inconsapevolmente lasciava attraverso i suoi ritorni eterni, vuol dire che il messaggio è forte. Un ragazzo di soli 13 anni dal destino apparentemente segnato, guarda Senna e resta folgorato. Osservando le gesta del campione, trova sia la forza per superare le difficoltà che il coraggio di non arrendersi mai. Poi il retroscena svelato dallo scrittore: "Appena sono arrivato a Salerno, mi è arrivata la notizia di una piccola ragazza che è venuta a mancare. Se non avessi avuto il libro tra le mani, non so se sarebbe stata la stessa cosa. La notizia, legata a quello che avrei dovuto fare qui, mi ha dato una missione in più. È chiaro che si tratta di due morti diverse. Senna non voleva morire, in quella curva maledetta, ma voleva vincere e ha spinto forte come sempre". 

Redazione Sport - Extratime -

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