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Giffoni Film Festival, Piero Ferrari ripercorre la storia ed i segreti del Cavallino rampante tra innovazione e tradizione

23/07/2024

Quella volta di Jody Scheckter al Mondiale del 1979. Quelle volte di Niki Lauda, "che ha preso il brevetto da pilota, ha costituito una società di aerei di linea, uno dei più intelligenti che abbia conosciuto". E tutte le altre volte di Micheal Schumacher, "che - poveretto - è ancora vivo ma è come se fosse morto, perché nessuno lo può vedere e gli può parlare". Piero Ferrari, vice presidente e amministratore non esecutivo di Ferrari S.P.A, si emoziona quando parla delle vittorie, dei trionfi, della storia di famiglia, di un pezzo d’Italia. Nella sala blu, prima di ricevere l’Impact Award, risponde alla raffica di domande provenienti dai giffoners. Ha detto sì dal primo momento: è stato il primo ospite confermato di Giffoni Sport. L’impatto che la sua famiglia ha avuto sull’Italia e nel mondo è stato enorme. Ha ispirato anche un film, che fonde realtà e verosimiglianza, regista Michael Mann, opera del 2023. "Un film è un film, non un documentario. Ho aiutato raccontando ciò che ricordavo di mio padre, che è stato un uomo complesso, ha vissuto due Guerre Mondiali e ha fatto tante cose". Fu scritta una sceneggiatura, ma poi Mann si è concentrato sul racconto di un solo anno della sua vita, in particolare la tragedia di Guidizzolo. È l’incidente stradale avvenuto il 12 maggio 1957, durante lo svolgimento dell'ultima edizione della Mille Miglia: persero la vita 11 persone, due piloti della scuderia Ferrari e nove spettatori, cinque dei quali bambini.

"Ci furono problemi di vario genere e anche economici. Mio padre era sposato. Mio fratello Dino era morto l’anno prima e nel frattempo sua moglie scoprì l’esistenza di un altro figlio. Enzo aveva un altro figlio ero io. È stato un anno drammatico ma anche di cambiamento. Ha dato tanta forza a mio padre, che è stato risoluto a non mollare ed a lottare per i suoi dipendenti e collaboratori, per la sua famiglia. Mi sono permesso di dare consigli per alcuni ritocchi". Si fa riferimento, dunque, alla vita di Alfredo (Dino Ferrari) nato da Enzo e sua moglie Laura Garello, nonché fratellastro da parte del padre di Piero Ferrari (nato nel 1945 dalla relazione extra-coniugale di Enzo Ferrari con Lina Lardi). Era affetto da distrofia di Duchenne e morì a 24 anni. "Ci sono stati tentativi di portare a termine il film, poi tra alti e bassi con il budget, Michael Mann è riuscito a completarlo ed è venuto alla luce nel 2023". Un perfezionista, ecco l’aneddoto: "La scena nella quale il portiere dell’albergo dice 'benvenuto, ingegnere', è stata fatta ripetere 24 volte”. Mann ha riprodotto anche il suo dei motori delle macchine dell’epoca. “Non è un suono digitalizzato. È andato ad ascoltarlo, lo ha registrato e lo ha riprodotto. Il suo perfezionismo mi ricorda quello di mio padre: un’automobile che aveva un piccolo difetto non si poteva vendere. Era capace di girare all’infinito intorno ad un’auto e dire "la scritta non è allineata bene". Era vero: aveva ragione lui e la macchina veniva riverniciata. Non permetteva che si tralasciassero i dettagli, perché sono i dettagli che fanno la differenza".

Quando il film è stato realizzato, non aveva neppure i titoli di coda. "Mi è stata fatto vedere dopo il montaggio e per pochissime persone, in versione familiare a Hollywood. Mi sono molto emozionato e ho dovuto prendere un Xanax. Michael ha avuto la delicatezza di far venire fuori, con grande garbo, una storia al femminile che non era mai venuta fuori. È la storia di mia madre. Ha raccontato con delicatezza la storia di un amore extraconiugale che all’epoca era qualcosa di impossibile e di quasi illegale. Ha raccontato questa storia e gli altri drammi di un anno terribile - all’epoca i piloti in corsa morivano - con un tocco leggero che è l’arte nell’arte", aggiunge Piero Ferrari Ci sarà mai un rebranding del logo Ferrari e della società? "Mai, il logo ha delle sue regole. Il cavallino fu una scelta di mio padre. Era presente sull'aereo di Francesco Baracca. La madre dell'aviatore lo donò a Enzo Ferrari nel 1923 La coda era più bassa e mio padre pensò di metterla verso l’altro. Gli elementi quelli sono e quelli devono restare, come il giallo dello sfondo che richiama Modena e come il tricolore. Vale anche per la F lunga di Ferrari. Gli dissero che l’aveva copiata dalla Pirelli, ma mio padre spiegò che era una F e tutto è rimasto invariato". Enzo ha lasciato a Piero una grande eredità, in termini lavorativi e di personalità. "Mio padre diceva che il passato è passato e non lo possiamo modificare. Il presente dura un attimo ed è già passato. Il futuro è l’unica cosa che possiamo cambiare, ma per farlo dobbiamo ricordare gli errori del passato. La prima volta che andai a lavorare a Maranello, era il 1965 e faceva una riunione nel reparto corse. Avevo davanti un armadio a vetri con i pezzi rotti delle corse. Mi disse di catalogarli tutti, perchè dovevamo ricordare gli errori del passato. Questo fu il grande insegnamento di mio padre".

Fin da piccolo, Piero Ferrari viene 'iniziato' alla meccanica. "Ero appassionato di qualsiasi cosa. Andavo a vedere come funzionava l’aratro, poi dal meccanico vicino casa per vedere come inseriva il mosquito, il motore aggiunto, a scoppio, che si usava mettere vicino alle biciclette. L’attitudine manuale ti aiuta a comprendere e mi piaceva stringere viti, mettere dadi. Poi mi sono appassionato, grazie a papà, al motore delle auto. Era un appassionato e fino agli ultimi anni di vita aveva nel cassetto curve e diagrammi. Era davanti alla tv e sapeva quale motore ci fosse sulle auto". Ogni sport ha la sua Nazionale. Vale un po’ anche per la Ferrari in Italia. "E’ un riconoscimento che ci fa piacere, ma prima non eravamo soli a competere. Con noi c’erano Maserati e Alfa Romeo. Noi abbiamo, però, un merito: ci siamo stati dal primo Mondiali e ci siamo sempre. Questo è il nostro vanto e ci crediamo. Sono molto critico nei confronti di alcune case – non facciamo nomi, ma sono orientali - che investono, restano nel circuito per cinque anni e poi vanno via. Questo non va bene". La Ferrari è molto attiva anche nel mondo virtuale del MotorSport. I più grandi piloti arriveranno dal virtuale o dal mondo del kart? "Oggi il simulatore per un pilota di F1 è importantissimo. I piloti vi passano molto tempo, perché è proibito fare prove private. Dunque la parte di simulazione è diventata sempre più necessaria, se vuoi consentire al pilota di conoscere il circuito e di provare prima e dopo le modifiche che apporterai. Va bene, ma non benissimo: la forza G laterale e longitudinale non è la stessa, sul percorso. Il gap reale-virtuale non si può colmare ma il virtuale è comunque importante, è una necessità, si evolverà sempre di più, come accade per i piloti di aereo. Lo sport vero, però, si fa con il materiale tecnico e dal vivo".

Ci sarà in futuro una Ferrari più elettrica e sostenibile? "Il futuro dell’automobile è condizionato da quale energia utilizzeremo, quale sarà più green e darà meno emissione. Non è però l’automobile il primo indiziato all’emissione di Co2, perché le emissioni globali di quello che viaggia è il 14% di Co2 al mondo e di questa quota, le auto e le moto rappresentano il 7.5%. Dunque se trasformassimo con la bacchetta magica la metà delle automobili in elettrico, risparmieremmo il 3% o poco più. Elettrico sì, ma devi essere sicuro che l’energia prodotta avvenga con eolico, nucleare, davvero green. Le macchine elettriche sì, ma hanno limitazioni di autonomia e di sicurezza, perché pesano molto di più in caso di incidente e c’è il problema dello smaltimento della batteria dopo 7 anni, che ha dei costi. Ci sono punti interrogativi ma la Ferrari ha un piano molto chiaro: faremo motori termici, ibridi e anche elettrico. Poi sceglieranno i consumatori. Il design cambierà. Nel futuro la Ferrari avrà sempre una identità in grado di distinguerla e non si confonderà con altri brand".  

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