Si chiude con Riccardo Cucchi la quinta frenetica giornata di Giffoni Sport, con un incontro incredibile in cui il giornalista ci ha regalato emozioni e anche alcune cronache improvvisate in maniera eccelsa, anche assieme a Marco Bisacchi, ospite precedente di giornata. Inizialmente Marco ha brevemente raccontato dal suo punto di vista le principali differenze che ci sono fra telecronaca e radiocronaca: "La fotografia in un giornale è accompagnata da una didascalia, e la didascalia è come la telecronaca. La radiocronaca invece è il racconto di tutto, in cui si usa una quantità di parole più alta, in grado di spiegare ogni dettaglio. Attraverso i racconti si riesce a immaginare ed è quello che si fa anche con la radio". Anche con Riccardo è stato affrontato il paragone fra radio e televisione: "Nonostante gli anni difficili credo che la radio sia stata in grado di non perdersi d’animo. La radio è molto più bella e complicata della televisione. La tv è legata all’immagine, c’è il complesso della gente che ci potrebbe vedere e che ci potrebbe giudicare. Nella tv si ama l’immagine, invece la radio è sostanza".
Assieme a Bisacchi, radiocronista di Radio Sportiva, hanno anche messo in scena un siparietto durante cui i due cronisti hanno simulato un collegamento radio di una domenica sportiva, inscenando dei collegamenti immaginari da due campi differenti. Questo perchè, per dirlo con le parole di Riccardo, "l’invenzione del racconto è l’essenza della voglia che abbiamo noi di diventare cronisti radio". Marco ha anche raccontato la sua idea della figura del cronista radio: "Tu sei solo uno che racconta ciò che succede, sei un testimone, è fondamentale non montarsi mai la testa e ricordare che non sei mai tu l’eroe. In radio la prima regola è non sovrapporsi all’evento, non diventare personaggio, dove il rischio è di diventarne schiavo. La seconda regola invece è quella di rispettare il microfono, perchè così rispetti chi ti ascolta. Quello che pronunci al microfono ha un peso doppio, quindi ogni parola va ponderata. C’è poi l’ultima regola: la lealtà nei confronti degli ascoltatori. Dobbiamo sempre tenere a mente che loro non vedono quello che raccontiamo, ma che dobbiamo comunque avere la lealtà di ammettere gli errori anche se non vengono visti. Questo non deve mai venire meno. In radio bisogna dare tutte le coordinate necessarie per dar vita alla fantasia attraverso la parola, che è il mio falò".
Prima di concludere, Riccardo ha parlato dell’evoluzione del calcio in questi ultimi anni, e l’ha fatto rispondendo alla domanda di un ambassador: "Nel corso di questi tempi nello sport è cambiato tutto. Negli anni in cui ho cominciato a lavorare in campo c’era sempre il cosiddetto catenaccio. Poi però è arrivata una squadra di nome Barcellona allenata da un tale di nome Guardiola. E da lì è cambiato tutto: per capire come raccontarlo al meglio io mi sono messo a guardare le cassette". Attraverso lo sport, in particolare attraverso i recenti europei, Cucchi ha concluso l’incontro parlando di temi più ampi come la discriminazione: "Quella di Yamal, per me il vero protagonista degli Europei, è una storia straordinaria: ci ha mostrtato ancora una volta quanto stupido è discriminare per il colore della pelle, perchè al di la del giocatore incredibile c’è una storia incredibile. Quando discriminiamo perdiamo di vista il fatto che c’è una persona e una storia dietro a ciascuno di noi. E il giornalista ha un obbligo etico: continuare a raccontare le storie".
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