Dall’immigrazione alla cooperazione passando per le questioni della guerra e della pace: tanti e impegnativi i temi di un incontro 'necessario'. È un incontro, quello con Andrea Riccardi, che i ragazzi della Impact! definiscono “necessario”. I temi sono tanti e impegnativi: dall’immigrazione alla cooperazione, dalla paura alla guerra (in Ucraina e non solo), dalla pace al senso della storia, passando per la lingua italiana. Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ex ministro per la Cooperazione internazionale e l'integrazione e presidente della Società Dante Alighieri, dialoga con i ragazzi ed elogia Giffoni: "Se mi invitate, torno". "Non è mai facile parlare di sè", risponde a chi gli chiede di raccontarsi. Ma non ha dubbi sul punto di partenza: "Ho cominciato ad aprire gli occhi sul mondo nelle periferie di Roma quando gli immigrati non venivano dall’Africa ma dal Sud d’Italia". Era la fine degli anni ’60. Fu allora, nel 1968, che nacque la Comunità di Sant’Egidio. "Oggi è una comunità mondo, presente in 70 Paesi". Inevitabile, al centro del discorso si pone il tema della cooperazione: "Da ministro mi sono battuto per la creazione di un ministero della cooperazione perché mi sono reso conto che questo sistema freddo, tecnico, senza passione e senza politica di affrontare i progetti è assurdo".
Un esempio è il modo in cui in Africa si è affrontato, con molto ritardo, il problema dell’Aids: "Non si capiva perché in Africa l’Aids non andava curato. Mentre nel nord del mondo si curava, e bene, e la gente sopravviveva, in Africa no". Perchè? "Nel primo periodo della lotta all’Aids le risorse si trovavano, ma poi, progressivamente, non si cura il follow up dei progetti, venivano lasciati cadere". Accadeva e accade che tutto viene legato "al progetto presentato alla istituzione in Italia e non all’impatto che ha sulla realtà. Credo - afferma Riccardi - che la cultura della cooperazione vada rivista, e così la gestione, in maniera meno burocratica". Non mancano i riferimenti a quanto accade nel mondo, a iniziare dalla guerra in Ucraina. "Sono orgoglioso della Comunità di Sant’Egidio in Ucraina, che ha sofferto per la guerra. Una nostra sede a Kiev è stata bombardata", racconta. E ancora: "La vittima dell’aggressione russa è il povero popolo ucraino. Ho ammirato la resistenza degli ucraini ma sono convinto che questa guerra non si sarebbe mai conclusa con una vittoria dell’Ucraina né della Russia. Ci sono 6 milioni di ucraini all’estero, per questo non bisognava interrompere il negoziato di pace". Nel rivendicare la sua posizione ("non sono un putiniano", chiarisce), Riccardi spiega quanto la questione sia complessa. E richiama, elogiandola, la posizione di papa Bergoglio: "È stato coraggioso papa Francesco che ha detto che con la guerra non si risolve nulla. Con le armi terribili che ci sono le guerre si eternizzano".
A proposito di quanto può accadere negli Usa in caso di vittoria di Donald Trump rispetto alla costruzione del muro sul confine tra Messico e Stati Uniti, è chiaro: "La storia dell’uomo è fatta con i piedi, nel senso che è fatta camminando, con i popoli in cammino e in spostamento. Negli anni ‘30 il regime fascista dichiarò che esisteva una pura razza italiana", e in base alla quale, tra le altre cose, furono discriminati gli ebrei e vietati i matrimoni con le donne africane. "Ma dov’è questa pura razza? - si chiede - L’Italia è una penisola nel Mediterraneo attraversata da popoli diversi". Dunque, "credo che il muro di Trump non fermerà niente". Il discorso si lega a un altro degli argomenti affrontati, il tema della paura: "Siamo nel tempo della paura, spesso ci muoviamo per paura. E i giovani sono quelli sottoposti maggiormente alla paura. Ma di paura non si vive, si muore. I populismi si nutrono di paura e la paura nutre l’odio e alimenta la violenza che c’è nella società". La posizione di Riccardi è chiara anche sul tema, sottoposto dai giffoner, relativo alla nostalgia del fascismo: "C’è stato un cambio di generazione: sono scomparsi i testimoni della Shoah". Spiega. E ancora: "E' scomparsa anche la generazione dei miei genitori, dei miei nonni. Sono cresciuto a Roma, i miei nonni e i miei genitori parlavano della guerra con orrore. Io sono il primo della mia famiglia che la guerra non l’ha mai conosciuta, ma l’orrore della guerra, del fascismo, del nazismo, erano cose che i nostri vecchi avevano molto chiare. Oggi questa generazione è scomparsa. Oggi si gioca non sul senso della memoria storica ma della identità individuale. Non c’è più il senso della storia, c’è il senso dell’io".
Non manca una riflessione sulla lingua italiana: "Sono diventato direttore della Società Dante Alighieri nel 2013. Ho trovato una situazione disperante. Della società, nata nell’800 per iniziativa di Giosuè Carducci, era rimasta un vecchio palazzo con degli impiegati". La mancanza di investimenti aveva spinto Riccardi a immaginare uno scioglimento della Dante Alighieri. "E da lì è iniziata una lotta per l’insegnamento della lingua". L’ex ministro spiega che c’è "una grande attrazione per l’Italiano, lingua dell’opera, dell’arte, della moda. Attrazione in Cina, nell’America latina, in paesi che noi non pensiamo". A dieci anni dall’inizio della sua presidenza, tra le altre cose esiste oggi "una piattaforma telematica attraverso cui si può imparare l’italiano a distanza da tutto il mondo. Stiamo lavorando per aprire un centro di lingua italiana a Pechino". E precisa: "Non è nazionalismo, è la nostra identità". Tanto che, riguardo all’uso delle parole inglesi nella lingua italiana, sostiene: "Non bisogna avere paura dell’inglese. Uno studio mostra come nel secolo passato abbiamo assunto ancora di più parole francesi". Tutto ciò perchè "una lingua viva mastica a digerisce tutto e cambia il senso delle parole stesse".
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