di Massimiliano Catapano
Un verdetto accolto con profonda commozione dai familiari di Anna Borsa. Alfredo Erra, responsabile del femminicidio della giovane parrucchiera di Pontecagnano Faiano, è stato condannato all’ergastolo dalla corte di Assise. La sentenza è stata pronunciata intorno alle 15 nell’aula della cittadella giudiziaria, dove si è svolto il processo. Un giudizio atteso con trepidazione, che ha visto il rigetto della richiesta avanzata dai legali dell’imputato di riconoscere l’incapacità di intendere e di volere di Erra. Secondo la difesa, l’uomo sarebbe stato sopraffatto da una grave fragilità mentale, alimentata dal timore di essere abbandonato da Anna, al punto da minacciarla ripetutamente di togliersi la vita.
Anna Borsa venne uccisa nel salone di parrucchieria dove lavorava, un luogo che per lei rappresentava non solo il lavoro, ma anche un sogno costruito con dedizione. Quel giorno, Erra l’aveva raggiunta per mettere in atto un gesto premeditato e crudele. Dopo aver sparato, si era dato alla fuga, tentando di far perdere le sue tracce. La sua corsa terminò poco dopo, quando venne rintracciato nei pressi di un casello autostradale. La corte ha riconosciuto tutte le aggravanti, compresa quella della premeditazione, sancendo una condanna all’ergastolo che vuole essere un segnale di giustizia forte e chiaro. Commoventi le parole dell’avvocato Stefania De Martino, legale della famiglia Borsa, che non ha trattenuto le lacrime: "L’ergastolo rappresenta il giusto significato per ciò che è accaduto. Anna meritava giustizia, e oggi possiamo dire che è stata fatta".
A manifestare soddisfazione è stato anche Vincenzo, il fratello di Anna, che dopo la tragedia ha fondato un’associazione in memoria della giovane parrucchiera: "Questo verdetto non potrà mai riportarci Anna, ma restituisce dignità alla sua memoria. Abbiamo sempre creduto nella giustizia, ed è questo ciò che oggi conta". Il caso di Anna Borsa ha lasciato una ferita profonda nel cuore di una comunità intera, scossa da un crimine tanto efferato quanto incomprensibile. La sentenza di oggi non cancella il dolore, ma rappresenta una risposta decisa e necessaria, un monito contro ogni forma di violenza e sopraffazione.
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