di Massimiliano Catapano
La malattia non aspetta. Non conosce pause nè rallentamenti, e di certo non rispetta i tempi della burocrazia. Luca lo sa bene, perchè da anni combatte su due fronti: quello contro il cancro che ha colpito sua moglie e quello, forse ancora più insidioso, contro le lungaggini della sanità pubblica. La storia che ha voluto raccontare alla nostra redazione è una di quelle che toglie il fiato e mette a nudo un sistema che spesso sembra più attento alle procedure che ai pazienti. Sua moglie ha affrontato un calvario senza fine: prima il tumore all’utero, poi al seno, infine un condrosarcoma al femore destro. L’ultima operazione, eseguita al Policlinico "Gemelli" di Roma, l’ha resa invalida. Eppure, nonostante la sua condizione, oggi si trova a dover pagare di tasca propria ogni visita, ogni controllo, ogni esame diagnostico.
Due anni fa, su dieci visite specialistiche, al massimo due erano a pagamento. Oggi, invece, il conto è sempre a carico della famiglia, con costi che arrivano a centinaia di euro per volta. E non perchè l’esenzione per i malati oncologici non esista, ma perchè i tempi di attesa nella sanità pubblica sono semplicemente incompatibili con le necessità di chi lotta contro un tumore. Un esempio su tutti: una Tac prenotata per giugno, troppo tardi per chi ha bisogno di monitoraggi costanti e tempestivi. In teoria, se l’attesa supera i sessanta giorni, dovrebbe essere l’Asl a farsi carico delle spese, garantendo la prestazione in una struttura privata convenzionata. In pratica, però, questa norma resta spesso solo sulla carta.
A Salerno, racconta Luca, ci sono professionisti di straordinaria competenza e umanità, come la dottoressa Savastano, che fanno di tutto per aiutare i pazienti. Ma anche i migliori medici possono fare poco se non vengono messi nelle condizioni giuste per esercitare il loro lavoro. "La malattia non aspetta, lei non ha pazienza", dice Luca con voce spezzata dalla stanchezza. E la sua richiesta è chiara: garantire ai malati oncologici il diritto di curarsi in tempo utile, senza dover affrontare anche il peso economico di un sistema che spesso sembra girarsi dall’altra parte. Una battaglia che non dovrebbe essere necessaria, ma che purtroppo, per troppe famiglie, è una realtà quotidiana.
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