di Massimiliano Catapano
L’Azienda Ospedaliera Universitaria "San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona" di Salerno rompe il silenzio e respinge con fermezza le accuse di negligenza emerse dopo la tragica morte di Cristina Pagliarulo, la 41enne deceduta in seguito a un ricovero nel pronto soccorso dell’ospedale. In una nota ufficiale, il direttore generale Vincenzo D’Amato ha difeso l’operato della struttura e del personale sanitario, sottolineando come l’assistenza fornita sia stata "costante e adeguata" durante tutto il percorso clinico. All’indomani dell’apertura dell’inchiesta da parte della Procura di Salerno, l’ospedale ha immediatamente avviato un’indagine interna attraverso l’Unità di Rischio Clinico. L’approfondita "root cause analysis", conclusasi il 21 marzo, ha confermato che l’assistenza non è mai venuta meno e che ogni decisione è stata presa tenendo conto dell’evoluzione del quadro clinico della paziente. Le conclusioni dell’analisi parlano chiaro: nessuna negligenza, nessuna criticità, nessuna ombra sulla condotta dei professionisti coinvolti.
A rafforzare ulteriormente questa ricostruzione è intervenuta una seconda verifica, condotta da una commissione multidisciplinare composta da un esperto di organizzazione ospedaliera, un medico legale e un chirurgo. Anche in questo caso, il verdetto è stato inequivocabile: Cristina Pagliarulo è stata seguita con attenzione, attraverso un percorso clinico strutturato e continuo. La cronologia dei fatti, ricostruita nel dettaglio, mostra che la donna si è presentata in pronto soccorso il 3 marzo alle 03.05. Dopo una prima valutazione, ha deciso di allontanarsi volontariamente alle 05.47. È poi tornata alle 13.38, quando ha avuto inizio un iter diagnostico-terapeutico articolato, composto da ben 13 esami ematici, 8 esami strumentali, 6 consulenze specialistiche e un intervento chirurgico, seguito da emotrasfusioni post-operatorie. Un’assistenza capillare, tempestiva e, secondo la direzione sanitaria, priva di mancanze.
Ma ciò che ha spinto l’azienda a prendere posizione non è solo la difesa della propria operatività, bensì il clima di crescente ostilità mediatica che, a detta della direzione, ha assunto toni ingiustificati e lesivi. "Titoli come ‘48 ore per morire al 'Ruggi' e 'malasanità che uccide' - si legge nella nota - non fanno altro che screditare un’intera struttura, minando il morale di operatori che ogni giorno affrontano turni massacranti e un’enorme pressione emotiva per garantire la salute pubblica". Non si tratta di una reazione d’istinto, ma di una scelta ponderata: la direzione ha infatti deciso di attendere l’esito delle verifiche interne prima di intervenire pubblicamente, per offrire ai cittadini una versione chiara e supportata da dati oggettivi. In questo contesto, il direttore generale D’Amato ha voluto lanciare un appello al senso di responsabilità collettivo, richiedendo maggiore cautela e rispetto nel trattare vicende complesse che coinvolgono vite umane, ma anche il lavoro silenzioso di centinaia di professionisti.
Significativa, infine, anche la posizione espressa dalla famiglia Pagliarulo, che pur tra il dolore e la concitazione del momento, ha chiesto non vendetta ma trasparenza, manifestando la volontà di comprendere eventuali responsabilità, se ce ne fossero, senza alimentare tensioni. Il "Ruggi", ospedale di riferimento per migliaia di cittadini e con oltre 210 accessi giornalieri solo al pronto soccorso, rivendica con orgoglio il proprio ruolo all’interno del sistema sanitario regionale. Una struttura che, nonostante le difficoltà croniche che affliggono la sanità pubblica, continua a garantire un servizio di qualità grazie all’impegno e alla dedizione dei suoi operatori. "Difendere la verità dei fatti - ha concluso D’Amato - significa anche tutelare chi ogni giorno combatte in corsia per la vita degli altri. Lavoriamo per la salute, e meritiamo rispetto, non aggressioni".
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